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Silvio Liotti
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Il sito e' dedicato alla memoria di mio zio Silvio
Liotti,
tenente della 2a compagnia del 110 Btg. Mitraglieri di
Corpo d'Armata, denunciato dal
generale Gandin
ai tedeschi come ammutinato e fucilato
ad
Argostòli, nei pressi della "Casetta Rossa", il 24
settembre 1943, e di
tutti i Militari della Divisione "Acqui "
trucidati dalla
Wehrmacht a Cefalonia e Corfu'.
This
web site is dedicated to
the memory of my uncle Silvio Liotti, lieutenant of
2^ company of
110^ Machine-gunner Battalion of Army Corps,
denounced to Germans
as a mutiny by general Gandin and shot in Argostòli, close
to “Casetta
Rossa”, on 24 th September 1943, and of all the soldiers
of
Division “Acqui” slaughter by Wehrmaqcht in
Cefalonia and
Corfù.
Silvio Liotti,
Brindisi
08.01.1941
Argostoli:
Museo della Divisione Acqui (fotografia di Silvio
Lenza)
Corfù:
Momumento ai Caduti Itaiani e Greci
“Il comportamento degli
ufficiali italiani alla
triste ‘Casetta rossa’ di Cefalonia non appartiene
alla storia ma al
mito. Ad uno ad uno, nobilissimi cavalieri del dovere
e dell’onore,
essi salirono con sublime serenità il calvario che
ancora li separava
dalla gloria” (dal
bollettino
del dicembre 1944 della Psychological
Warfare
Branch,
una branca dei servizi segreti
angloamericani
addetti alla propaganda)
* * *
LA
FOSSA
Argostòli:
la "fossa" nei pressi della "Casetta Rossa", da dove
il 28
settembre vennero prelevati i corpi degli Ufficiali italiani
fucilati il
24 e 25 settembre che, dopo essere
stati zavorrati con filo di ferro, furono trasportati con
uno zatterone
imbottito di esplosivo fino all'isolotto di Verdiani e lì
affondati.
Furono tre le fosse utilizzate dai tedeschi per
ammassare provvisoriamente i corpi degli Ufficiali fucilati a
Cefalonia
il 24 e 25 settembre, dopo la fine dei combattimenti. La prima
fossa
comune si troverebbe a Lardigò, la seconda probabilmente a
circa 300
metri dalla Casetta Rossa sul terreno oggi occupato da
alcune
case e da un albergo. L'unica ritrovata si trova a circa 700
metri
dalla Casetta Rossa, sul lato destro della strada che sale a
sinistra
sul monte Telegrafo.
* * *
I Martiri della Divisione Acqui risultano ancora
penalizzati
rispetto ai Partigiani caduti sul suolo italiano. Come non
ricordare
allora le parole di Indro Montanelli a proposito delle due
Resistenze: "Una quotata in
borsa come tale perchè
avallata dai partiti politici, l'altra esclusa dal
listino dei titoli,
perchè quelli, a cui si intestava la Patria e la
Nazione, erano ormai
scaduti".
* * *
A Cefalonia
e Corfu' 16 mila soldati italiani
appartenenti alla 33^ divisione da montagna "Acqui"
combatterono contro i tedeschi, divenuti dopo l'8
settembre del 1943,
nemici ed oppressori dell'Italia. A Cefalonia e, in
proporzioni
minori, a Corfu' avvenne la piu' grande eliminazione di
massa di
prigionieri di guerra della seconda guerra mondiale. La
divisione “Acqui” subi' una sorte tanto tragica
perche' i tedeschi,
considerandoli ammutinati,
trucidarono
migliaia (*) di Soldati,
Graduati e Ufficiali, eseguendo l'ordine speciale di non
fare
prigionieri, emanato da Hitler in persona solo per
la Divisione "Acqui".
A Cefalonia e Corfù, come ha affermato il Presidente della
Repubblica
Giorgio Napolitano il 25 aprile 2007, "...
si manifestò un impulso
nobilissimo e destinato a dare i suoi frutti. Si può ben
cogliere un
forte legame ideale fra quell'impulso e la successiva
maturazione dello
spirito della Resistenza. Molto si continua a scrivere e a
discutere
sul clima che si creò in seno alla Divisione Acqui in quei
terribili
giorni. Ma non c'è polemica storiografica o pubblicistica
che possa
oscurare l'eroismo e il martirio delle migliaia di militari
italiani
che scelsero di battersi, caddero in combattimento, furono
barbaramente
trucidati. Anche qui si creò la premessa essenziale per la
costruzione
di una nuova Italia democratica...". La
resistenza della Divisione "Acqui" a Cefalonia e
Corfu'
rappresenta l'esempio piu' eclatante della resistenza
militare
antitedesca e, pertanto, uno dei primi atti del
Movimento di
Liberazione Nazionale. La
ricostruzione
di quei tragici avvenimenti si basa sui documenti
conservati negli archivi italiani, tedeschi ed inglesi,
sugli atti del
processo di Norimberga contro il generale Lanz
e sulle memorie dei
protagonisti sopravvissuti.
In the
Greek islands Cefalonia and
Corfu', 16.000 italian soldiers of 33^ Division
"Acqui" fought
against Germans, that become, after 8 september of 1943,
enemies and
oppressors of Italy. In Cefalonia and, with smaller
proportions, in Corfu' happened the greatest
mass elimination
of war prisoners, during and after the battle, of the
second world war.
The Division "Acqui" endured a tragic destiny
because the
Germans, considering them incite to mutiny,
slaughtered thousands
of soldiers, graduates and officials, executing the
special order
don't make prisoners, emanated from Hitler in person only
for the
Division "Acqui". The resistance of the Division
"Acqui" in
Cefalonia and Corfu' represents the best example of
the
military resistance against Germans, one of the first
actions of the
Movement for National Liberation. The reconstruction
of those
tragic events is based on documents, recorded in Italian,
Germans and
English archives, on the
proceedingses of Norimberga trial against general Lanz and
on the
memories of the survivor protagonists.
La 33a Divisione da montagna "ACQUI
", fedelissima
alla Patria,
fu sfortunatissima
perche' nel giugno del 1943 il comando della Divisione fu
affidato al
gen. Antonio Gandin e perche', come scriveva nel 1946 il gen. Francesco Rossi,
vice Capo
di Stato Maggiore del Comando Supremo: ''...L'ordine
di
considerare i tedeschi come nemici fu diramato l'11
settembre da
Brindisi e pote' giungere soltanto ad un numero
limitatissimo di
scacchieri (Sardegna, Corsica, Corfu', Cefalonia, Lero) a
mezzo dei
collegamenti della Regia Marina...''.
Gli altri generali
italiani,
dopo l'8 settembre 1943, si erano arresi subito (molti) o si
erano
opposti (pochi) ai tedeschi. Il gen. Gandin scelse una terza
via,
trattando con i tedeschi non un ritorno nel Regno del Sud
che sarebbe
stato teoricamente e praticamente inattuabile, ma il ritorno
in armi di
una parte della Divisione nell'Italia occupata dai nazisti,
come
risulta evidente dal rapporto inviato alle ore 20,30 dell'11
settembre
dal ten.col. Barge al gen. Lanz: "La maggior
parte della Acqui sarà disarmata. Il resto della
formazione italiana continuerà a combattere sotto il comando
tedesco.
La consistenza di quest'ultima parte verrà in seguito
comunicata". In realtà furono queste le cosiddette
"trattative" per
una "resa onorevole" intavolate dal gen. Gandin con i
tedeschi.
La conferma si trova in due punti della richiesta di
chiarimenti
inviata dal gen. Gandin al comandante del presidio tedesco
Johannes
Barge: 2) "Cosa
si
deve intendere per esclusione dal disarmo di quelle unità
che danno
garanzia di continuare a combattere sotto il comando e al
fianco delle
truppe tedesche. Dovranno forse venir sostituiti gli attuali
comandanti?" e 5) "Sarebbero
comunque necessari chiarimenti sui punti seguenti:
Trattamento dei
gradi di servizio eguali o inferiori per quanto riguarda
comportamento
e rispetto reciproco. Trattamento economico, retribuzione e
compensi in
natura (stipendio o paga, viveri, oggetti di vestiario,
ecc.)
Verrebbero lasciate le assegnazioni di viveri, medicinali,
combustibile
solido e liquido, mezzi di trasporto? Alloggiamenti degli
ufficiali e
della truppa". Un generale che
tratta la resa è
consapevole che il suo destino e quello della sua Divisione
sarà un
campo di concentramento nazista e non chiede se "verranno
sostituiti
gli attuali comandanti", come sarà "il vitto,
l'alloggio e lo
stipendio" e se avrà "una macchina a disposizione".....
Le
Isole Ionie di Corfù, Leucade (Santa Maura), Cefalonia e Zante
viste
dal satellite
CEFALONIA:
UNA
MEDAGLIA D'ORO DI TROPPO?
Questa
è la motivazione della Medaglia d'Oro
al V.M. concessa al gen. Gandin: " In difficile
situazione
politico-militare, quale comandante della difesa di
un'isola attaccata
con forze preponderanti dal mare e dal cielo, riusciva con
poche forze
a sua disposizione in primo tempo a stroncare l'azione
nemica,
successivamente a contendere palmo a palmo l'avanzata
dell'avversario
sempre crescente in forze, animando col valore e con la
capacità
personale le sue truppe, fino alle estreme possibilità di
resistenza.
Catturato dal nemico coronava col supplizio stoicamente
sopportato
l'eroismo e l'alto spirito militare di cui aveva dato sì
luminosa prova
in combattimento". ( Cefalonia, 11-23 settembre 1943
).
Quando
fu concessa la MOVM al gen.
Gandin non era ancora noto il contenuto della notifica delle
12,00 del
14 settembre al ten. col. Barge:
''La divisione si rifiuta di
eseguire il mio ordine
di concentrarsi nella zona di Sami poiche' essa teme,
nonostante tutte
le promesse tedesche, di essere disarmata o di essere
lasciata
sull'isola come preda per i Greci o ancora peggio di
essere portata non
in Italia ma sul continente greco per combattere contro
i ribelli.
Percio' gli accordi di ieri con lei non sono stati
accettati dalla
Divisione. La divisione vuole rimanere nelle sue
posizioni fino a
quando non ottiene assicurazione, con garanzie che
escludano ogni
ambiguita' - come la promessa di ieri mattina che subito
dopo non e'
stata mantenuta - che essa possa mantenere le sue
armi e le sue
munizioni e che solo al momento dell'imbarco possa
consegnare le
artiglierie ai tedeschi. La divisione assicurerebbe, sul
suo onore e
con garanzie, che non impiegherebbe le sue armi contro i
tedeschi. Se
cio' non accadra', la divisione preferira' combattere
piuttosto di
subire l'onta della cessione delle armi ed io, anche se
con dolore,
rinuncero' definitivamente a trattare con la parte
tedesca, finche'
rimango al vertice della mia divisione. Prego darmi
risposta entro le
ore 16,00. Nel frattempo le truppe provenienti da Lixuri
non debbono
essere portate ulteriormente avanti e quelle di
Argostoli non debbono
avanzare, altrimenti ne possono derivare gravi incidenti.
Il
Generale comandante della Divisione Acqui gen.
Gandin ''. Solo una volta nella
plurimillenaria storia universale un generale ha
notificato al
nemico, peraltro mentendo!!!, che la Divisione ai suoi
ordini si
e' ammutinata:
"...Vi
comunico
che i miei 11.500 '' figli di mamma' '' si sono
ammutinati..." .
Only
once in the entire world history a General informed the
enemy, also
lying!, that the Division under his command was mutiny:
"The
Division refuses to execute my order to concentrate
around
Sami because it is concerned, despite all the promises
German, to be
disarmed or be left on the island as a prey to the Greeks or
even worse
to be not in Italy but on the continent greek to fight
against rebels.
Therefore the agreements yesterday with you have not been
accepted by
the Division. The Division wants to remain in their
positions until you
get insurance, with guarantees that would exclude any
ambiguity - as
the promise of yesterday morning shortly after that and not
been
maintained - that it can keep its weapons and its
ammunition and
that only when entering the can deliver the artillery to the
Germans.
The division would ensure, on his honor and with guarantees,
that not
use its weapons against the Germans. If this not happen, the
Division
will prefer' fighting rather than suffer the shame to
surrender their
weapons and I, though with pain, give finally to deal with
the German
side, until remain under the command of my division. Please
give me an
answer within hours 16.00. Meanwhile troops from Lixouri not
be brought
further forward and those of Argostòli should not move
forward,
otherwise it might be caused serious accidents. The General
Commander
of Division Acqui gen. Gandin". (This is the translation
of the
notification of the gen. Gandin, delivered at 12.00 on 14
September
1943 to Commander German of Cefalonia, lieutenant colonel Hans
Barge,
kept in the German military archive in Freiburg)
Il
capitano Renzo
Apollonio
La
"notifica" del 14 settembre 1943 del gen. Gandin ai
tedeschi
IL
DIAVOLO FA
LE PENTOLE MA NON I COPERCHI .......
A
proposito
della notifica del gen. Gandin delle ore 12,00 del 14
settembre, nella
pubblicazione del 1945 ''Cefalonia'' del
ten. col.
Giuseppe Moscardelli, incaricato della stesura
dall'Ufficio Storico
dello Stato Maggiore dell'Esercito, viene riportata la
versione
inventata dal cap. Ermanno Bronzini: ''Per
ordine del
Comando Supremo italiano e per volonta' degli ufficiali
e dei soldati,
la Divisione Acqui non cede le armi. Il Comando
Superiore tedesco,
sulla base di questa decisione, e' pregato di presentare
una risposta
definitiva entro le ore 9 di domani 15 settembre''.
Nel 1946 don
Romualdo Formato, nella prima edizione de ''L'eccidio
di
Cefalonia'', ne riportava una versione simile ma non
uguale: ''La
Divisione Acqui non cede le Armi. Il Comando Superiore
tedesco provveda
all'immediato sgombero di tutte le truppe dall'isola di
Cefalonia.
Faccia conoscere le sue decisioni entro le 9 di domani
15 settembre''. Nella
terza edizione del
1974 del libro ''Sull'arma si cade ma non si
cede''
don Luigi Ghilardini,
dopo aver scoperto la copia conservata nell'archivio militare tedesco di Friburgo, ne pubblicava alcuni passaggi significativi
ma non il testo
integrale. Solo nel 1986 il gen. Renzo Apollonio
pubblicava
integralmente il testo tedesco, con accanto la sua
traduzione.
* * *
Nessuno in 79 anni
ha ancora spiegato come e perché è potuto accadere che nel
1948 si
onorasse con la stessa medaglia d'oro al valor militare la
memoria di
due ufficiali della stessa divisione che si erano
comportati in maniera
opposta, come il gen. Gadin, comandante a Cefalonia, ed il
colonnello
Lusignani, comandante a Corfù. Il primo si accordò per la
resa dopo sei
giorni di trattative e poi fu costretto a combattere
perchè attaccato
dai tedeschi, mentre il secondo, suo subordinato, si
schierò contro i
tedeschi e contrastò l'inevitabile reazione nemica sin dal
primo
momento.
* * *
A
Cefalonia la Patria
"ostinatamente tace"? Il gen. Gandin fu lasciato senza
ordini?
Davvero i radiogrammi del C.S. trasmessi l'11 settembre da
Brindisi
furono ricevuti a Cefalonia solo tra il 13 e il 14
settembre, con un
ritardo di 48-72 ore, sovvertendo così tutte le leggi
fisiche che
regolano la propagazione delle onde radio
nell'etere?
Il giorno 11 settembre 1943 il
Comando
Supremo invio' tramite Marina Brindisi 2 radiogrammi a Marina
Cefalonia
per il gen. Gandin:
1) N.1027/CS.
Risposta 41414
data 11 corrente /./ Truppe tedesche devono essere
considerate
nemiche /./ Marina Brindisi
2) N.1029/CS.
Comunicate at
Generale Gandin che deve resistere con le armi at
intimazione tedesca
di disarmo a Cefalonia et Corfu' et altre isole /./
Marina
Brindisi
Il
radiogramma
del CS inviato da Marina Brindisi alle ore 9,45 dell'11
settembre
Il primo
radiogramma, secondo la testimonianza del s. ten. di
vascello Vincenzo
Di Rocco che lo decritto' personalmente, venne consegnato
dal
comandante della Marina, cap. Mario Mastrangelo, al gen.
Gandin verso
le 11,00 dell'11 settembre 1943.
Due
testimonianze
del cappellano militare don Formato confermano, anche se
indirettamente, l'arrivo a Cefalonia l'11 settembre
1943 degli
ordini inequivocabili del Comando Supremo:
"...Verso
le
11 (dell'11 settembre, nda), improvvisamente, fu
comunicata 'all'erta' a
tutti i reparti dell'isola.
Mi trovavo allora in una delle mie Batterie. L'ordine del
Comandante
'Serventi ai pezzi' fu accolto da un urlo selvaggio di tutti
gli
Artiglieri che saltando per la gioia, imprecando contro i
tedeschi,
corsero ai pezzi..." ( Lettera di
don
Formato al Papa del 06.12.1943, USSME, fondo don Formato)
"...Avendo
io
richiesto al sign. generale se non si potesse trascurare
l'ultimatum ( presentato dal
ten. col. Barge il 10
settembre, nda) per un'intesa che
s'accordasse con gli ordini del
Comando Supremo, mi risponde
di no e che bisognava decidersi e
presto...Comunque ci accordammo per la cessione delle armi.
Riuniti più
tardi riconfermammo e per iscritto la nostra scelta". (Dichiarazione di don Formato al SIM/CSDIC
del 5 gennaio
1945)
A Corfù' la Patria ordina e i colonnelli Lusignani
e Bettini
eseguono gli ordini:
Questo
e' il primo ordine per il col.
Lusignani,
comandante del Presidio militare dell'isola di Corfu':
N. 2/8424 - Da 7^ Armata
a Comando Militare Isola Corfu'
/ Risposta vostro 3836 data 10
corrente alt Opponetevi con la
forza at qualsiasi tentativo sbarco reparti germanici alt
Generale
Arisio /
(radiogramma delle ore 9,45
dell'11 settembre 1943).
Il col. Luigi Lusignani del 18^
Reggimento Fanteria Divisione Acqui, comandante del Presidio
di Corfu',
Medaglia d'Oro al V.M.
Motivazione della Medaglia d'Oro al
V.M. al
col. Luigi Lusignani: "Comandante militare dell'isola di
Corfu',
fedele alle leggi dell'onore militare, opponeva un reciso
rifiuto
all'intimazione di cedere le armi e, di propria iniziativa,
organizzava
la difesa dell'isola. Per dodici giorni resisteva ai
violenti attacchi
aerei e terrestri tedeschi dando ai propri dipendenti
esempio costante
di valore. Infine tramontata ogni speranza di aiuto,
decimati ormai i
reparti e quasi del tutto privi di artiglieria, veniva
sopraffatto dal
nemico preponderante. Catturato dai tedeschi veniva passato
per le armi".
(Corfu' 8-25 settembre 1943)
Il col. Elio Bettini del
49°
Rgt. Ftr. “Parma”, rifugiatosi dall'Albania a Corfù il
13
settembre, Medaglia
d'Oro al
V.M.
Motivazione
della Medaglia d’Oro al V.M. al col. Elio Bettini: “Comandante
di
valore, per non cedere le armi e mantenere integro l’onore
della
Bandiera, si rifugiava dall’Albania a Corfù con parte dei
suoi reparti,
e nell’isola, in unione alle altre forze del Presidio,
resisteva
strenuamente ai continui bombardamenti e agli attacchi
tedeschi, pur
conoscendo che nessun aiuto poteva essergli inviato. Dopo12
giorni di
strenua, impari lotta sostenuta stoicamente con reparti
decimati,
veniva catturato dai tedeschi e passato per le armi. Esempio
eroico
nelle tristi giornate di quanto possa il sentimento del
dovere e
l’amore verso la patria”. (Corfù 13-25 settembre 1943)
CEFALONIA:
la
mattina dell'11 settembre il gen. Gandin rifiuta le offerte
d'aiuto
alleate...
Tutto
si può imputare al gen.Gandin tranne che non sia stato un
comandante
coerente. Nella "Relazione sui fatti di Cefalonia", scritta
dal
testimone oculare Vittorio Seganti, console (fascista)
dell'isola, si
legge che: "..Il Generale Gandin si era compiaciuto di
affermare
pubblicamente e solennemente che mai gli inglesi avrebbero
posto piede
nell' isola ". Scriveva lo storico Rusconi: "A
complicar
(sic!) le cose, si presenta a Gandin un ufficiale greco
Andreas
Galiatsatos, che a nome del Comando Alleato nel Medio
Oriente gli
assicura l'appoggio aereo inglese nel caso la Acqui resista
efficacemente ai tedeschi ". Il giornalista greco
George
Karayorgas, nel dicembre 1952, in una serie di articoli che
riportavano
un’intervista al capo della missione alleata a Cefalonia
scriveva: "…Il
generale Gandin accolse Galiatsatos gentilmente e chiese il
parere
ufficiale del Quartier Generale del Medio Oriente.
Galiatsatos comunicò
nuovamente con la radio... e il Cairo promise che avrebbe
trasportato
tutto l'esercito italiano, con i propri mezzi in Italia.
Dovevano solo
pazientare e aspettare lo sbarco delle truppe inglesi. Il
gen. Gandin
ascoltò le proposte inglesi preso da grande commozione e
turbamento.
Era stato sorpreso ed aveva perso del tutto il controllo. Ma
all'inizio
accettò con gioia la proposta britannica senza mostrare
alcun dubbio.
Pregò tuttavia Galiatsatos di permettergli prima di
consultarsi con il
suo Stato Maggiore"…"Il giorno successivo (11 settembre)
Galiatsatos
ricevette un messaggio dal Cairo e informò gli italiani di
attaccare
subito per neutralizzare i tedeschi prima che comprendessero
bene cosa
stava succedendo... Gandin, invece, anziché attaccare come
un fulmine,
chiese ai tedeschi di venire a trattative con lui... Fuori
dì sé
Galiatsatos urlò: 'II Cairo ha detto di attaccare"… "Dal
momento che
Gandin tardò ad ordinare l'attacco generale... Galiatsatos
riferì gli
sviluppi al Quartiere Generale. La risposta fu laconica: “
Non
interessatevi più dell' impresa ”.
Il 14
settembre 1943,
ad Argostòli, il s. ten. dei CC.RR. Orazio Petruccelli,
Medaglia d'Oro
al V.M., aveva deciso di arrestare il gen Gandin per
tradimento....
Il disegno ricostruisce l'episodio
accaduto ad
Argostoli, durante il quale il s. ten. dei CC. Orazio
Petruccelli ammaino', sotto
gli
occhi di numerosi militari tedeschi, la bandiera con la croce
uncinata ed innalzo' il Tricolore (www.assocarabinieri.it)
"''...Noi
sottoscritti, ammoniti a dire la verita', solamente la
verita',
dichiariamo quanto segue: il giorno 14 mattina, visto che
nonostante
l'azione dell'artiglieria il Generale Gandin non si voleva
ancora
decidere ad iniziare le operazioni, il S. Ten. dei CC.RR.
Petruccelli
riuniti circa una ventina di Carabinieri decise di andare ad
arrestare
il Generale dicendo che ormai si trattava di aperto
tradimento. Tali
venti carabinieri si misero volontariamente a sua
disposizione. Ma il
S. Ten. Petruccelli fu impedito nell'esecuzione del suo
piano dal fatto
che a Procopata presso il Comando Tattico un carabiniere
(presumibilmente Tirino Nicola) aveva lanciato una bomba a
mano contro
il Generale mentre stava scendendo dalla macchina. Allora il
Generale
Gandin, non fidandosi piu' dei carabinieri, tolta la
pattuglia di
CC.RR. che presidiavano il suo Comando, la sostitui' con
elementi di
fanteria dotati di mitragliatrici che furono subito puntate
contro il
vicino accampamento di CC.RR. La fiducia del Generale nei
CC. era anche
scemata per fatto che i CC. si erano rifiutati di
collaborare con una
pattuglia tedesca onde mantenere l'ordine pubblico in
Argostoli. Consta
che allorche' il Capitano Gasco comunico' al Generale che i
suoi
carabinieri non lo volevano piu' ascoltare il Generale
Gandin abbia
detto: '' Ma voi, non siete padrone della vostra
compagnia?''
alla qual cosa il Capitano Gasco rispose: '' Come voi
siete padrone
della vostra Divisione io sono padrone della mia
compagnia...!''. (Dichiarazione dei CC.RR. Francesco
Scanga e
Attilio Appetecchi del 31 ottobre 1944)
La
massima ricompensa al valor
militare e' stata conferita al s. ten. dei CC.RR. con
questa
motivazione:
"Comandante
di un plotone carabinieri della Divisione " Acqui ", si
rivelava tra i
primi accesi e tenaci assertori della lotta contro il
tedesco a
Cefalonia. Mentre perduravano ancora le trattative, sfidando
un
picchetto armato tedesco - sorpreso da tanta audacia -
ammainava la
bandiera germanica issata oltraggiosamente dal nemico nella
piazza di
Argostoli innalzando nuovamente la bandiera italiana.
Durante la aspra
e sanguinosa battaglia, sempre presente dove maggiore era il
pericolo,
confermava in ogni circostanza il suo militare ardimento,
trascinando
con l'esempio i suoi uomini ad epica lotta. Catturato dai
tedeschi e
sottoposto a fucilazione affrontava la morte con fierezza e
dignita' di
soldato. Fulgido esempio di fedelta' alla Patria ed
attaccamento al
dovere".
IL
COSIDDETTO
"REFERENDUM", SVOLTOSI TRA IL 13 E 14 SETTEMBRE E
CONTRABBANDATO DALLA
VULGATA STORICO-MILITARE COME UN ATTO RIVOLUZIONARIO DI UN
COMANDANTE
"DEMOCRATICO", ALTRO NON FU CHE LA "CONTA" DELLE FORZE
DISPOSTE A
PASSARE CON I TEDESCHI, IN OTTEMPERANZA ALLA RICHIESTA
CONTENUTA NEL
LORO ULTIMATUM DELL' 11 SETTEMBRE E NELLA RISPOSTA
DATA AI
CHIARIMENTI RICHIESTI DAL GEN. GANDIN:
*
punto 2) : " Sono esclusi dal disarmo
quei
reparti che, sulla base di un accurato controllo, daranno
garanzie di
continuare a combattere agli ordini ed al fianco delle
truppe tedesche
". ( ultimatum
tedesco dell'11
settembre );
*
" Per il punto 2: le unità o i
reparti di truppa fino alla forza di un reggimento
conservano per ora
oltre alle proprie armi anche i propri ufficiali e
comandanti, se
questi vogliono continuare a combattere sotto gli ordini
tedeschi " ( risposta alla lettera di chiarimenti
del gen.
Gandin );
* " Per il punto 6: i
soldati e
le unità che sono pronte a continuare a combattere sotto il
comando e a
fianco delle truppe tedesche devono essere segnalati
numericamente,
divisi in ufficiali, sottufficiali e truppa, entro il
12.9.43, alle ore
17, eventualmente anticipando per telefono " (
risposta alla lettera di chiarimenti del gen. Gandin ).
Nonostante le numerose
testimonianze rese dai reduci,
attestanti la conta ( il cosiddetto referendum) effettuata
nella notte
tra il 13 e 14 settembre, qualche irriducibile dottor
Azzeccagarbugli
si ostina ancora oggi, a 67 anni dai fatti, a negarne
l'avvenuto
svolgimento. Eppure la prova è contenuta nella frase ad
effetto ("...Per
ordine del
Comando Supremo
italiano e per volonta' degli ufficiali e dei soldati,
la
Divisione Acqui non cede le armi"),
inventata ad arte dal cap.
Bronzini nel
tentativo di nascondere il vero
incipit della "notifica" del gen. Gandin ai tedeschi del 14
settembre: ''La
divisione
si rifiuta di eseguire il mio ordine...".
A Cefalonia
il 15 settembre i Comandi non vogliono sapere di
attaccare........
Alle 9,40 del 15 settembre il Comandante della
Regia Marina
cap. Mario Mastrangelo, servendosi del ponte radio di Corfù,
inviò il
seguente messaggio a Marina Brindisi:
"N.
1342 - Qui
situazione sempre incerta i
Comandi non
vogliono sapere di attaccare".
Il
Capitano di Fregata Mario Mastrangelo,
Comandante della Marina di Cefalonia, Medaglia d'Oro al V.M.,
che alle
11 dell'11 settembre del 1943 consegnò al gen. Gandin il
radiogramma
del C. S. di Brindisi che intimava al generale di "considerare
le
truppe tedesche nemiche".l
Motivazione
della Medaglia d'Oro al V.M. al cap. Mario Mastrangelo: "Comandante
di
Marina a Cefalonia, all'atto dell'armistizio, eseguiva con
decisione
e senza esitazione alcuna gli ordini relativi allo sgombero
del
naviglio. Intuita tra i primi la possibilita' e l'utilita'
di una
pronta azione contro i tedeschi, ne fu strenuo assertore
presso il
Comando dell'isola. In un ambiente quanto mai eccitato per
la divisione
degli animi, manteneva salda la disciplina tra i reparti di
Marina a
Lui affidati e, presa l'iniziativa di reagire con le proprie
batterie,
quantunque in minorate condizioni fisiche, manteneva il
comando, dando
prova di attaccamento al dovere ed elevato spirito
aggressivo durante
lunghi ed accaniti combattimenti. Catturato, veniva
barbaramente
trucidato dal nemico che vedeva in Lui uno dei promotori di
quella
disperata ed eroica resistenza. Faceva cosi' olocausto della
vita alla
Patria, tenendo alto l'onore delle armi e lasciando ai
posteri fulgido
esempio di alte virtu' militari". (Argostoli -
Cefalonia, 8-24
settembre 1943)
Il
gen. Gandin
tratto' fino a poche ore prima dell'attacco tedesco del 15
settembre:
"Trattative ancora in corso. Il
comandante (Barge, nda)
e' ancora presso il gen. Gandin.
Attacco preparato in collegamento con l'ufficiale
responsabile degli
Stukas..." (Radiogramma del ten. Thun, partito da
Cefalonia
alle 22,00 del 14.09.1943 e diretto al XXII Corpo d'Armata del
gen.
Lanz)
"Il gen. Gandin si e' dichiarato
pronto a
cedere solo le armi pesanti fisse. Egli vuole passarci
l'artiglieria
mobile e la contraerea solo al momento dell'imbarco. I
nostri
preparativi per l'attacco sono ultimati. Il momento piu'
favorevole per
l'inizio dell'attacco e' alle ore 14,00..."
(Radiogramma del
ten. col. Barge, partito da Cefalonia alle 5,30 del 15.09.1943
e
diretto al XXII Corpo d'Armata del gen. Lanz)
Il cap. Angelo Longoni,
incaricato dal gen. Gandin di trattare la resa con i tedeschi
la
mattina del 15 settembre
"Verso le 10 del 15 settembre
nella
solita casetta in prossimità del porto può aver luogo il
convegno
decisivo. Gli animi sono eccitatissimi. Il gen. Lanz
accettava le
condizioni del comando italiano ma a sua volta chiedeva
come garanzia
la consegna di 11 ostaggi, tra cui un generale e alcuni
ufficiali
superiori. Gli italiani replicavano che se i tedeschi
insistevano nella
richiesta noi pretendevamo analoga garanzia. Le
trattative, già
compromesse dall'ammaraggio di grossi apparecchi da
trasporto tedeschi
si arenavano. Il ten. Fauth prendeva tempo, ancora una
volta per
l'estremo tentativo e si allontanava. Tutte le richieste
italiane
vennero accettate...Gli italiani accettavano di ritirarsi
nella zona
delimitata in attesa dell'imbarco. Ai tedeschi sarebbero
andati i pezzi
di preda bellica ceduti agli italiani. La firma del gen.
Lanz a
garanzia dell'accordo". (Testimonianza del cap.
Angelo Longoni)
3 ore dopo
questo "accordo", intorno alle 13,30 del 15 settembre,
Argostòli venne
attaccata dagli Stukas. Dopo 2 ore il gen. Gandin informo'
il CS di
essere stato costretto ad aprire (sic!) le ostilità con i
tedeschi:
"Prego informare autorità competente
che
oggi sono stato costretto aprire at Cefalonia ostilità con
tedeschi Alt
Generale Gandin". (Radiogramma inviato al Comando 7^
Armata dal
gen. Gandin il 15 settembre 1943 alle ore 15,20)
* * *
Cefalonia, indizi
su Mussolini - 1
il
ten. col. Johannes Barge, comandante del presidio tedesco di
Cefalonia
fino al 16 settembre 1943.
Come mandante
dell’ultimo atto della strage di
Cefalonia, la fucilazione degli italiani intorno alla
Casetta Rossa il
24-25 settembre 1943, c’è un indiziato nuovo: Benito
Mussolini. Ad
accusarlo è il tenente colonnello Johannes Barge, che era
stato il
comandante tedesco a Cefalonia fino al 16 settembre 1943,
poi
destituito dal gen. Lanz . Come risulta da un verbale
di interrogatorio della prima inchiesta aperta in Germania
sull’eccidio, risalente agli anni sessanta, Barge
dichiarava il 4
novembre 1964 al procuratore di Dortmund, Obluda: “Prima
che io
lasciassi l’isola di Cefalonia, ho saputo di un
telegramma di
Mussolini, il quale aveva ordinato che gli ufficiali
della divisione
Acqui, che egli definiva ammutinati, dovessero essere
fucilati come
punizione per la loro diserzione… Io non ero più a
Cefalonia quando gli
ufficiali vennero fucilati. Anche Hirschfeld [il
nuovo
comandante] rimase sbalordito come me. Egli sollevò
dubbi sulle
modalità d’esecuzione di un tale ordine di fucilare
oltre 100 ufficiali
e sull’opportunità di gettare i corpi dei fucilati in
una fossa comune
o di farli affondare in mare. Vorrei aggiungere che
nell’ordine di
fucilazione di Mussolini erano stati espressamente
esclusi i cappellani
militari”… Mussolini sapeva di non poter dare ordini
ai tedeschi.
Ma forse proprio per la sua debolezza, voleva dimostrare a
Hitler la
sua determinazione nel riprendere in mano lo Stato e
l’esercito. (dal Corriere della sera 24
novembre 2007 riportiamo il documento e la riflessione
conclusiva
dell’autore Paolo Paoletti)
Cefalonia, indizi
su Mussolini - 2
Nella
sentenza di archiviazione del tribunale di Dortmund è
riportata questa
dichiarazione dell''ex caporale Werner Helmbold, della 4a compagnia
del 910°
battaglione del
966° reggimento di stanza a Lixouri: "Già all'inizio delle
ostilità
sono venuto a sapere da feriti della 4a compagnia che
erano stati
portati da me in infermeria che c'era un ordine di Hitler
e Mussolini
secondo cui non dovevano essere fatti prigionieri. Tutti
gli uomini
della divisione "Acqui" dovevano essere fucilati".
Nel link
http://www.repubblica.it/infografica/cefalonia/index.html si puo' leggere la sentenza di
archiviazione del
tribunale militare di Dortmund.
Cefalonia:
morto l' ultimo imputato caso chiuso
senza colpevoli
A 66 anni dall'eccidio della Divisione Acqui,
scompare
l'ex ufficiale nazista Otmar Muhlhauser
Nessun
colpevole. A 66 anni dall'eccidio di Cefalonia, la morte
dell'ex
ufficiale nazista Otmar Muhlhauser, unico imputato nel
processo in
corso davanti al tribunale militare di Roma per la strage
dei soldati
italiani, chiude, senza condanne, il procedimento.
Muhlhauser, infatti,
è morto nella sua abitazione in Baviera. Il prossimo 8
settembre
avrebbe compiuto 89 anni. L'ultima inchiesta sulla strage
dei soldati
della Divisione Acqui fu aperta dalla procura militare di
Roma che, lo
scorso gennaio, chiese il rinvio a giudizio di Muhlhauser
con l'accusa
di aver ordinato la fucilazione del generale Antonio Gandin
e di altri
ufficiali italiani. Il 5 maggio, alla prima udienza del
processo, la
difesa di Muhlhauser sostenne che l'imputato era incapace di
intendere
e di volere. Il giudice dispose una perizia psichiatrica,
rinviando al
prossimo 5 novembre. Ma la morte di Muhlhauser cancella
questa
scadenza. Dell'ufficiale nazista restano questa parole: "Tra
gli
ufficiali tedeschi si parlava della divisione italiana
solo come dei
traditori. Con l'ordine del Fuhrer era già chiaro che
coloro che
appartenevano alla divisione italiana andavano trattati
completamente
da traditori. Al tradimento vi era solo una risposta:
l'esecuzione".
Dunque, la vicenda giudiziaria per il peggior eccidio di
militari
italiani prigioneri compiuto dai tedeschi nella Seconda
guerra mondiale
si conclude senza colpevoli. Se si esclude, infatti, la
condanna
'simbolica' inflitta dal tribunale di Norimberga al generale
Hubert
Lanz (12 anni, ma ne scontò solo tre) tutti i numerosi
processi che si
sono svolti in Italia e in Germania si sono conclusi con un
niente di
fatto. "Ancora una volta ha trionfato la ragion
di Stato
- ha affermato Marcella De Negri, figlia di Francesco De
Negri,
ufficiale fucilato a Cefalonia - Muhlhauser non ha mai
avuto alcun
segno di pentimento ed ora è morto, tranquillo, nel suo
letto".
* * *
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News
Targa in memoria dei Caduti di Capo
Munta
In
data 19 luglio
2015, il dott. Franco Paggi ha posto una targa
in memoria dei
Caduti di Capo Munta ed in particolare dello zio
Giuseppe Chiffi,
sottotenente del I° battaglione del 17° Rgt
fanteria.
Recensioni
E il
mare...laggiu' di
Luciana Baldassarri
Il senso generale
dell'isola di Cefalonia e' il
passaggio lento, straordinariamente lento del
tempo cristallizzato
nell'azzurro mutevole del suo mare e scandito
dal diapason monotono dei
grilli e delle cicale. E in questo tempo senza e
fuori da ogni
categoria, nel vento che la batte instancabile,
si respira un'aria
tersa e vigorosa, intrisa di mito, di civilta',
di culto, di memoria.
Ma bisogna imparare anche a non fidarsi di
quest'isola, dove in un
giorno sereno all'improvviso si scatena forte ed
impetuoso il
maestrale, scompigliando in un attimo tutto cio'
che credevi di avere
in qualche modo sistemato. Che cos'e' veramente
accaduto qui
sessant'anni fa ai ragazzi dell'eroica Divisione
Acqui trucidati dai
Tedeschi subito dopo l'armistizio? Perche' il
giovane e coraggioso
tenente Silvio Liotti ha rinunciato per sempre
alla sua bella e recente
sposa? E che ne e' stato dell'amore che lo ha
accompagnato, ostinato,
caparbio e fiero come il Socrate di Anghelos, al
muro della Casetta
Rossa tra lo scintillio acre del mare e la cupa
eco delle mitraglie?
Perche' tanti morti innocenti? Perche'?...
continuo a chiedermi. Mi
risponde solo il guizzo abbagliante di una
ragnatela adagiata sul fondo
del mare, una falena nell'acerba pace
dell'estate...
Ancora
un romanzo su Cefalonia, ancora la memoria che
sopravvive alla guerra e
ai suoi disastri. Questo e' un romanzo-verita' che
nasce dopo anni e
anni dalla strage del '43. L'autore, Luciana
Baldassarri, torna
nell'isola e rivive i momenti piu' significativi
della grande mattanza
(migliaia di soldati ed ufficiali della Divisione
Acqui massacrati
dalle truppe tedesche dopo la proclamazione
dell'armistizio). E li
rivive con la passione di oggi, ricostruendo gli
avvenimenti tramite il
racconto degli abitanti greci dell'isola, che furono
testimoni, o figli
di testimoni; e tramite le visite al modesto Museo
della Acqui, che la
pieta' dei Cefalioti ha dedicato alla Divisione
italiana. Un'
avvincente storia d' amore e di morte, in quello
splendido specchio d'
acqua mediterranea in cui giace Cefalonia; una
storia che continueremo
a tramandarci di generazione in generazione,
fintanto che il ricordo
sopravvivera' in ciascuno di noi. (Marcello Venturi)
Plectica
Euro15,00
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Luciana
Baldassarri
(Salerno, 1951) insegna materie letterarie
negli
istituti superiori. Ha alternato agli studi
filologici la passione per
l'arte, collaborando alla presentazione di
significative mostre sulla
pittura del '900 ed ha contribuito alla conoscenza
e alla divulgazione
della storia della sua terra con il volume Salerno
nella leggenda
(2003). Negli ultimi anni si e' impegnata su temi
di ricerca storica,
riguardanti la Resistenza e la lotta di
liberazione combattuta dalle
popolazioni meridionali contro la barbarie
nazi-fascista.
La
prof. Luciana Baldassarri alla
presentazione del romanzo "Cefalonia - E il
mare...laggiu' "
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Argostoli-Cima
Telegrafo: Il Monumento ai
Caduti della Divisione Acqui (fotografia di Silvio
Lenza)
Balilla
all'addestramento
militare del "sabato fascista". Molti di questi
ragazzi moriranno in guerra.
Mussolini
a cavallo, 1937
''...Non basta il gran
pennacchio / la sciabola e il cavallo / per battere
gli eserciti /
buffon di un maresciallo!...''. (Versi di Ennio
Viggioni, 1942)
Roma1938: raduno di vigili urbani?
No. Sono Mussolini e Starace in attesa….Se
questi due buffoni avessero coltivato maggiormente
la naturale
inclinazione alla "vigilanza urbana", avrebbero
sicuramente risparmiato
agli italiani tantissime sciagure.
(*) CEFALONIA: i
numeri dell'eccidio
Vittorio
Emanuele
III
Mussolini
e
Badoglio
gen.
Ambrosio
gen.
Roatta
"...Dei
525 ufficiali del presidio di
Cefalonia, ne furono fucilati, dal 22 al 24
settembre, circa 370; degli
11 mila uomini di truppa, circa 3 mila..." ( da "Cefalonia" -
Ministero della
Difesa, Stato Maggiore Esercito, Ufficio Storico -
1947)
"...Nell’isola
di
Cefalonia, l’8 settembre 1943, stanziavano 2.000
tedeschi della
Wermacht e 8.000 italiani della
Divisione Acqui... ”. ( da "Il Calendesercito"
2004)
Per fornire
un numero
approssimativo dei Caduti italiani a Cefalonia,
quello esatto non sarà
mai possibile definirlo, bisognerebbe
innanzitutto stabilire
quanti fossero realmente gli effettivi della
divisione Acqui e
dei Reparti ad essa aggregati, presenti a
Cefalonia dopo l'8 settembre
del 1943. L'ultimo dato ufficiale della forza
della divisione è quello
dell'Archivio dell'Ufficio storico dell'Esercito
ed è riferito al 15
novembre 1942. Gli effettivi della divisione
Acqui, dislocati a Corfù,
Cefalonia, Itaca, Phanos, Praxos, Zante, Santa
Maura (Leucade) e
Strofadi, erano 708 ufficiali e 15.759 tra
sottufficiali e truppa, per
un totale di 16.467 uomini. La letteratura del
dopoguerra ha
tradizionalmente fornito per Cefalonia un numero
di effettivi di poco
più di 11.500 soldati di cui 525 ufficiali.
Questo dato contrasta
però in maniera evidente con quello fornito nella
pubblicazione
dell'Esercito del 2004: 8.000 uomini. Quest'
ultimo dato, se ne
fosse accertata l' autenticità, potrebbe, una
volta per tutte, fare
chiarezza sul numero (sempre approssimativo e mai
esatto) dei soldati
italiani Caduti (morti in combattimento, trucidati
per rappresaglia,
annegati in mare) a Cefalonia nel settembre del
1943. Dai verbali delle
esumazioni, redatti dal Cappellano militare Don
Luigi Ghilardini,
sebbene molti cadaveri si erano decomposti ovvero
erano stati
bruciati o gettati in mare, risultano
esumati e traslati 1139
cadaveri nel 1944 , altri 687 nel 1952 e nel
1953 in 2 cisterne
di Troianata c’erano forse ancora circa 600 morti
da recuperare, per un
totale di circa 2.400 soldati italiani morti. Se a
questi soldati morti
in battaglia e trucidati per rappresaglia dai
tedeschi si aggiungono
quelli annegati durante i trasporti da Cefalonia a
Patrasso, sarebbe
verosimile il numero di circa 4.000. Dalle carte
della marina tedesca
risultano imbarcati circa 6.350 italiani
prigionieri di cui circa 2.550
provenienti da Zante e circa 3800 del presidio di
Cefalonia. A
Cefalonia restarono sull'isola fino al 1944 circa
1.300 prigionieri del
presidio italiano. Pertanto, i prigionieri
fatti a Cefalonia dai
tedeschi sarebbero circa 5000. Questo dato è
confermato dai documenti
tedeschi, anche se il numero dei prigionieri,
secondo altri documenti
tedeschi, potrebbero essere di circa 4.000.
In definitiva i
circa 4.000 Caduti sommati ai 4.000/5000
prigionieri ridurrebbero
ad 8.000 (al massimo 9.000) gli effettivi
della divisione Acqui
presenti a Cefalonia dopo l'8 settembre
1943. Nella
"Relazione sui
fatti di Cefalonia" che il console
fascista Vittorio Seganti
scrisse ed invio' il
10 gennaio 1944 - a poco
piu' di tre mesi dai fatti - al
Segretario Generale del
Ministero degli Esteri di Salo', Serafino
Mazzolini si legge :"...Fu
cosi' che interi reparti vennero
mitragliati e venne anche ordinata la
fucilazione di tutto il comando della
divisione. Solo
una quarantina di
Ufficiali, su oltre 500, sono scampati
all'eccidio, qualche altro,
forse, vive tuttora alla macchia o confuso
fra i soldati nei campi di
concentramento. Ad aggravare tale dolorosa
situazione, vi sono stati
parecchi battelli che sono saltati in aria
sulle mine durante il
trasporto dei prigionieri in terra ferma,
tanto che si possono valutare
a circa 6.000 i morti italiani in
Cefalonia...".
Reparti della
Divisione
Acqui entrano a Corfu'
Ufficiali
della
Divisione Acqui a Zante
Ho
citato
il console fascista Seganti, testimone
oculare
della tragica vicenda della Divisione "Acqui"
a
Cefalonia,
perche' per le sue
convinzioni filonaziste avrebbe potuto
negare l'entita' degli
eccidi perpetrati dalla Wehrmach o, quanto
meno, minimizzarne la
portata. Ancora oggi diversi epigoni
nazi-fascisti negano l'esistenza
dei campi di sterminio ed il conseguente
genocidio di oltre 6 milioni
di ebrei. Inoltre, le fonti tedesche riportano
in riferimento al numero
dei militari italiani della Divisione "Acqui"
caduti
prigionieri (sempre a Cefalonia), dopo la
fine della battaglia
(22 settembre), la cifra di 5.030
uomini, rinchiusi nella
caserma Mussolini. Questa
cifra è confermata dal
cap. Angelo Longoni, del 33° Rgt. Art., che
nella sua "Relazione sui
fatti di Cefalonia", scrive: "...La crudezza delle
cifre ci apparve nella
sua realtà ed in tutto il suo orrore
quando nel campo di concentramento
di Argostòli ci contarono: poco più di
5000 su un totale di circa
12.000 uomini che presidiavano l'isola:
Circa un migliaio era caduto in
combattimento...".
Fanti
italiani all'attacco durante la battaglia di
Cefalonia
Lo storico militare tedesco Gerhard
Schreiber, citando il Diario
di guerra dell'OKW, scrive: "...contiene,
circa il massacro
avvenuto sull'isola, le notizie che
seguono...:"A Cefalonia il
comandante italiano e 4.000 uomini furono
trattati [...] in modo
conforme all'ordine del Fuhrer poiche'
avevano opposto resistenza".
Nel Diario di guerra del Comando supremo del
gruppo di armate E, citato
sempre da Schreiber,
nelle annotazioni del 23 e del 24
settembre 1943, il numero
dei prigionieri italiani sarebbe appena di 4.000
unita': "...A
parte 4.000 uomini, che cedettero le armi
a tempo debito, la massa
della divisione ribelle fu distrutta in
combattimento, assieme al suo
stato maggiore...".
Nella
puntata
del 25 marzo 2001 di History, programma di
storia della Zdf, che la
seconda rete pubblica tedesca ha dedicato al
massacro di Cefalonia,
sono stati presentati ampi stralci dei diari
degli "alpini" Waldemar
Taudtmann e Alfred Richter. "...Non
si faranno prigionieri, tutto cio'
che appare davanti agli occhi verra'
abbattuto...", annota
Taudtmann sul suo quaderno, la mattina del 20
settembre. "...Fucilati,
abbattuti, calpestati con gli scarponi da
montagna, gli uomini
dell'artiglieria costiera giacciono ancora
ai loro posti...",
annota Richter il 21 settembre, nel vedere i corpi
senza vita dei
soldati di una postazione italiana. Una giornata
tragica, la prima
dell'autunno 1943. Al mattino, il 98^ reggimento
del III battaglione
degli alpini tedeschi riceve l'ordine di attaccare
la citta' di
Dilinata e neutralizzare le due compagnie italiane
che la controllano.
gen.
Lanz
magg. Hirschfeld
magg. Klebe
Ecco il
racconto di Richter: "...Vengono sparati
soltanto pochi colpi,
poi gli italiani agitano i fazzoletti
bianchi e cominciano a venir
fuori a gruppi, correndo. Ma quando noi
raggiungiamo l'altura, li
troviamo tutti per terra, morti, sono tutti
stati colpiti alla testa.
Quelli del 98^ li hanno dunque uccisi
dopo che si erano arresi...". Ma
l'esperienza
peggiore e' quella del pomeriggio, quando il
battaglione
di Richter accetta la resa di altre due compagnie
dell'Acqui: "...Non
vogliono combattere contro di noi e pensano
di aver salvato la vita
arrendendosi. Torniamo a Frankata e
consegniamo i prigionieri. Ma qui
li attende una sentenza terribile. Li
portano vicino al ponte, nei
campi recintati da muri fuori dalla citta',
e li fucilano. Rimaniamo
due ore sul posto e per tutto il tempo
sentiamo i colpi senza
interruzione..., le grida arrivano fin nelle
case dei greci. Anche
medici e preti partecipano alle
esecuzioni... Un gruppo di soldati
bavaresi prova a rifiutarsi, ma un ufficiale
li minaccia di mettere
anche loro al muro...". Nella
sentenza
di archiviazione del marzo 2007 del procuratore
di Dortmund Maaß sono
ricostrui i fatti, come sono emersi dalle
ricerche di archivio, dalla
documentazione italiana acquisita, dalle
rogatorie e dalle deposizioni
di centinaia di nuovi testimoni tedeschi,
italiani e greci. Le
dimensioni del massacro sembrano confermate
rispetto all'elevato numero
di vittime, fatto nei rapporti tedeschi
dell'epoca (circa 4.000). Forse
bastano otto stragi come Troianata, (questo il
commento del procuratore
tedesco: "E' fuori di dubbio che in
quest'area vennero
eseguite fucilazioni di massa di grosse
dimensioni "),
Frankata, Kardakata, Prokopata, Kutzuli,
Stephata, Valsamata e Capo
S.Teodoro a raggiungere quella cifra.
Il caporale
Adino
Mariotti, fucilato a Troianata il 22 settembre
1943 e la comunicazione
informale alla famiglia del cappellano militare
don Ghilardini. (Da Facebook
- Amici
della
"Divisione Acqui" in memoria del Caporale Adino
Mariotti - di Valerio
Mariotti).
Il caporalmaggiore Emil Schmid ha
dichiarato: "Poco dopo la fine dei
combattimenti i 100-200 prigionieri italiani
presi dall'11^ compagnia
furono fucilati con mitragliatrici su ordine
del capitano
Göller da un plotone di
esecuzione della 11^ compagnia".
Il maresciallo capo Johann Weinsteiger ha
dichiarato: "Questa
esecuzione fu fatta presumibilmente da
appartenenti alla 11^
compagnia...il comandante era anche sul
posto...si trattava del
capitano
Göller
....ricordo che costui, come io stesso ho
sentito, rimproverava
aspramente alcuni mitraglieri della sua
compagnia che evidentemente non
potevano o non volevano più eseguire alcuna
fucilazione e tra l'altro
diceva che erano troppo deboli ".
l'ex
ten.
Sigwart Göller, uno dei
"macellai" della Wehrmacht a
Cefalonia
Al
"macellaio" Göller
il
17.11.1943 pervenne
questa " lettera di elogio" di Hitler: "Esprimo
al tenente Sigwart
Göller
il
mio particolare riconoscimento per le sue
eccezionali prestazioni sul
campo di battaglia di Dilinata il
21/09/1943 ". Spiros
Garbis,
un testimone oculare greco, ha indicato al
procuratore Maaß almeno nove
posti intorno al villaggio di Frankata dove
furono fucilati soldati
italiani. Il procuratore tedesco elenca molte
località di massacri mai
indicate finora: 62 soldati a Divarata, un
numero imprecisato a
Pontikos. Scrive il procuratore: "Una
settantina di
prigionieri, la maggior parte dei quali
portava al braccio la fascia
con la croce rossa, venne allineata lungo
la facciata della scuola
elementare di Dilinata e falciata con due
mitragliatrici".
Finora si sapeva solo che 67 uomini della 44°
sezione di sanità
militare erano stati fucilati presso Frankata.
Colpisce in particolare
il massacro di circa 200 soldati nella cava di
pietra di Stephata, di
cui nessuno aveva mai parlato prima. Il soldato
Ernst Köhler vide che "circa
200-250 soldati furono portati contro una
parete di roccia e mitragliati".
Finora
le località dei massacri erano tredici, ora si
scopre che il
filo di sangue lasciato è in realtà una
ragnatela rossa che copre tutta
la parte centro settentrionale dell'isola. Viene
confermato
quanto aveva scritto il prof. Paoletti nel libro
"Cefalonia
1943: una verità inimmaginabile", ovvero
che il "19
settembre per ordine di un alto ufficiale
italiano vennero fucilati una
ventina di soldati italiani, che avevano
ripreso le armi dopo che le
avevano deposte". Il
procuratore di Dortmund Maaß precisando
che: “Nello
sforzo di comprendere i fatti nella loro
interezza, è possibile che si
sia giunti a diverse descrizioni di una
stessa esecuzione", sottolinea
che: "Le informazioni che le esumazioni
ci
hanno fornito, che vanno a completare le
testimonianze presenti
nell’ordinanza di archiviazione del
17.09.1968 circa il numero degli
italiani che hanno trovato la morte, ci
mostrano che fino ad oggi non è
possibile determinare neanche
approssimativamente l’esatto numero dei
morti”.
Novita'
librarie
La "Casetta Rossa"
in una foto
dell'epoca
Cefalonia “Sangue
Intorno alla casetta Rossa”
La
fucilazione degli
Ufficiali della Divisione Acqui 24-25
settembre 1943
di Paolo
Paoletti
La “Casetta Rossa”, un
villino
tinteggiato di rosso colpito
dalle bombe tedesche, nei pressi
di Capo
S. Teodoro, all’estremità sud
del golfo di Argostoli, nella
parte
occidentale dell’isola di
Cefalonia, fu il punto di
raccolta degli
ufficiali della Divisione Acqui
destinati alla fucilazione. Lì,
oltre
un centinaio di ufficiali,
prigionieri di guerra,
trascorsero le loro
ultime ore di vita, in attesa
del loro turno davanti al
plotone
d’esecuzione. Gruppi di otto
alpini tedeschi si alternarono,
per una
intera mattinata, davanti a tre
fosse naturali per assolvere al
loro
macabro rituale di morte. Questa
casa in riva al mare, circondata
da un
giardino recintato, si può e si
deve considerare uno dei simboli
dell’eccidio di Cefalonia e
quindi di uno dei più iniqui
massacri di
prigionieri di guerra
dell’intera seconda guerra
mondiale. La ‘Casetta
Rossa’ è subito assurta a luogo
rappresentativo della strage dei
soldati italiani della divisione
Acqui a Cefalonia.
Il
sacrificio
degli ufficiali italiani divenne
subito noto, forse grazie
alla missione inglese presente
sull’isola o forse alla Croce
Rossa
Internazionale, che sembra aver
fatto un’ispezione sull’isola
nelle
settimane successive al
massacro. Già nel dicembre 1944
la
Psychological Warfare Branch,
una branca dei servizi segreti
angloamericani addetti alla
propaganda, scriveva nel suo
bollettino: “Il
comportamento degli ufficiali
italiani alla
triste ‘Casetta rossa’ di
Cefalonia non appartiene alla
storia ma al
mito. Ad uno ad uno,
nobilissimi cavalieri del
dovere e dell’onore,
essi salirono con sublime
serenità il calvario che
ancora li separava
dalla gloria”.
Edizioni
Agemina
€
17,00
S.
Ten. Emilio
Micheli, addetto all' Ufficio
Tiro del Comando Artiglieria.
Nato
a Milano il 12.06.1916, laureato in
Ingegneria, iscritto ad un secondo
corso di laurea in Matematica, si
era sposato nel 1942 durante il
conflitto. Fu fucilato alla “Casetta
Rossa” il 24.09.1943 ( La
fotografia è stata gentilmente
concessa dal nipote Emilio Micheli )
La
sanguinaria stella alpina
La 1a
divisione da montagna nella seconda guerra
mondiale
di
Hermann Frank Meyer (
è in
preparazione l’edizione italiana di questo libro)
Portato sul berretto e sulla manica,
l’Edelweiss (Stella
alpina) era il distintivo della prima divisione
cacciatori della
Wehrmacht, un reparto d’elite che 11 anni dopo
la fine della guerra è
stato ricostituito all’interno del nuovo
esercito tedesco (Bundeswehr)
con la stessa denominazione e da ex alti quadri
della Wehrmacht. Al suo
interno come pure nell’ambito del
«Kameradenkreis der Gebirgstruppe
[«Circolo dei commilitoni delle truppe di
montagna»] fondato nel
dopoguerra, l’Edelweiss è considerato ancora
oggi il simbolo del
«miglior spirito militare tedesco in pace e in
guerra». Naturalmente,
quanti coltivano una simile tradizione passano
sotto silenzio i crimini
di guerra commessi nel corso della seconda
guerra mondiale. Come questi
crimini siano potuti accadere, chi impartì gli
ordini criminali, chi li
eseguì, la disumanità con cui si agì e il modo
scandaloso in cui tutti,
ma proprio tutti, i procedimenti aperti nel
dopoguerra vennero
archiviati consentendo in tal modo ai
responsabili di non essere
chiamati a rispondere dei loro crimini, sono
queste le fondamentali
questioni che l’autore affronta e alle quali
cerca di dare una risposta. Oltre
che sulle istruttorie aperte in Grecia, Italia e
Germania e sugli atti
del processo contro i «generali del settore
sudest» tenutosi davanti ad
un tribunale di guerra americano a Norimberga,
l’autore si è basato sui
più importanti documenti della Wehrmacht, ha
«passato al setaccio»
l’intera memorialistica di guerra degli ex
cacciatori da montagna, dal
contenuto spesso agiografico, nonché i loro
diari privati, ed ha
altresì analizzato le pubblicazioni di storia
militare che storici e
specialisti tedeschi, greci, italiani e inglesi
hanno dedicato nel
dopoguerra alla prima divisione da montagna. Le
ricerche sono state
effettuate in dieci Paesi e in più di due
dozzine di archivi. Per
ascoltare testimoni oculari e svolgere ricerche
sul posto, l’autore,
non di rado in circostanze avventurose e spesso
come primo tedesco dopo
la fine della guerra, si è recato in più di 200
località greche ed
albanesi: località dove il ricordo delle
atrocità commesse dagli
occupanti tedeschi è ancora ben vivo nonostante
siano ormai trascorsi
più di sei decenni dall’epoca dei fatti. Il gen.
Lanz tenne il comando solo per poche settimane.
Nel luglio del 1943
venne incaricato di costituire in Grecia il XXII
corpo d’armata da
montagna, al quale vennero gerarchicamente
sottoposte la prima
divisione da montagna e la 104a divisione
cacciatori («Il nuovo XXII
corpo d’armata da montagna»). Fu in questa veste
che dopo l’8 settembre
del 1943 Lanz venne incaricato di procedere al
disarmo delle truppe
italiane nella Grecia occidentale e nell’Albania
meridionale. Il
massacro dei soldati e degli ufficiali
italiani fatti prigionieri che
ebbe luogo nelle isole di Cefalonia e Corfù
costituisce uno dei temi
centrali del libro. A Cefalonia
secondo il calcolo dello
studioso tedesco sarebbero morti in totale
circa 4.000 Italiani; 2.500
sull’Isola, nelle esecuzioni, ma anche in
azioni di combattimento o nei
massicci bombardamenti della Luftwaffe. Altri
1.500 prigionieri
sarebbero morti durante il trasporto
dall’Isola, perché le navi
finirono sulle mine ed affondarono.
Hermann
Frank
Meyer, autore di ricerche
storico-militari sull'occupazione
tedesca della Grecia, nel 1989 ha pubblicato
"Disperso in Grecia", una
ricerca incentrata, tra l'altro, sulla sorte
di suo padre che, caduto
prigioniero insieme a 49 soldati e civili
tedeschi e italiani, fu
fucilato nell'aprlile 1943 da partigiani
greci. Del 1999 "Kommeno", la
ricostruzione di un eccidio perpetrato ai
danni di 317 civili inermi
nell'omonimo paese dell'Epiro. Del 2002 il suo
volume "Da Vienna a
Kalavryta. La traccia insanguinata della 117a
Divisione cacciatori
attraverso la Serbia e la Grecia".
SIAMO A CORTO DI
CORDA SPINOSA.....
gen.
Antonio
Gandin
Il
gen. Gandin, non ancora
comandante della Divisione ACQUI, nel marzo del
'43 si preoccupava di
reperire corda spinosa per i prigionieri di guerra
e gli internati
civili (donne, vecchi e bambini) "ospiti" nei
campi di concentramento
dell'Italia fascista, secondo le direttive
impartite da Mussolini:
"...La
costituzione di numerosi campi e
distaccamenti di lavoro per pg.
(prigionieri di guerra, nda) risponde a
precise direttive
impartite dal Duce. Il fabbisogno minimo
di corda spinosa per le
esigenze di sicurezza dei campi di cui e'
cenno sopra e di quelli di
concentramento per pg. e ic.
(internati civili, nda) e'
stato calcolato in misura inferiore alle
effettive necessita'. Il
quantitativo assegnato corrisponde a meno
della meta' di quello
richiesto e in mancanza dell'assegnazione
richiesta si dovrebbe
contenere in proporzioni relativamente
modeste l'attuazione del piano
unitario d'impiego dei prigionieri di cui
trattasi...'' (Alessandra
Kersevan, Un campo di concentramento fascista -
Gonars 1942-1943 /
AUSSME, U.P.G. Diari marzo 1943, All. n. 63 - Comunicazione
del
gen. Gandin all'Ufficio Prigionieri di Guerra
del 17 marzo 1943 )
MEDAGLIA
D'ORO AL MERITO DELLA
RESISTENZA !!!
Il Capitano Cappellano
Capo Romualdo Formato,
insignito della Medaglia d'Oro al Merito della
Resistenza
"....
Ancor piu' grottesco e offensivo per i
partigiani
combattenti e' che il frate che aveva accettato
il soldo nazista abbia
ricevuto anche una Medaglia d'Oro commemorativa
della Resistenza
Italiana. Cos'aveva a che spartire questo
sacerdote con la Resistenza
che non fece almeno fino al 31 dicembre 1944?
Crediamo che don Formato
sia uno dei pochi volontari della RSI che sia
riuscito a ricevere la
medaglia d'Oro al Merito della Resistenza dalla
parte politica opposta..."
(P. Paoletti - Il Capitano Renzo Apollonio, l'eroe
di Cefalonia)
***
I RAGAZZI DI CEFALONIA E CORFU'
CHE SONO TORNATI
FAUSTO
BERETTA
Fausto Beretta,
1940
Fausto Beretta,
1955
Fausto
Beretta,
Roccafranca (BS) 21.06.1920 - Ghedi (BS)
28.09.2009. Partito il 16 marzo del '40 per la
campagna di Grecia, è
stato uno dei protagonisti della Resistenza della
Divisione Acqui a
Cefalonia con il 17° Reggimento Fanteria. (Le
fotografie sono state
gentilmente fornite dalla dott.ssa Sabrina
Penocchio, nipote del
Reduce).
ANACLETO
CONTE
Anacleto
Conte, partito
nel
1940 per la campagna di Grecia con il 33°
Reggimento Artiglieria, è
stato uno dei protagonisti della Resistenza
della Divisione Acqui a
Cefalonia. L’artigliere Conte riuscì a
salvarsi grazie all’aiuto
di un prete ortodosso che lo nascose in una
tomba per 3 giorni. (Le
fotografie sono state gentilmente fornite dalla
signora Silvana
Mincuzzi, nipote del Reduce).
* * *
|
MOSTRE
I
Ragazzi del 43 - Il ricordo dei
Militari
della Divisione "ACQUI" di Salerno e Provincia
Caduti a
Cefalonia e Corfù nel settembre del 1943
Immagini
della
Mostra per onorare il ricordo dei Militari della
Divisione "ACQUI" di
Salerno e Provincia Caduti o Dispersi a Cefalonia
e Corfù, a cura
di Luciana Baldassarri, Graziano Palamara, Silvio
Lenza e Mario Ranieri
, tenutasi a Salerno dal 30 Settmbre al 5 Ottobre
2008 nella chiesa
dell'Addolorata - Complesso monumentale di S.
Sofia
La prof.ssa
Luciana
Baldassarri, curatrice della Mostra, a colloquio con
due familiari di
Caduti (fotografia di Silvio Lenza)
* * *
25
Aprile 2023
Festa Nazionale della
Libertà e della Democrazia
78°
Anniversario della Liberazione
L'organo
della
Democrazia Cristiana
annuncia l'avvenuta
Liberazione
IL FASCISMO NON E'
UN'OPINIONE MA UN
REATO.........
Sandro Pertini parla a
Milano dopo la Liberazione
Il
30 novembre 1929
Pertini fu condannato dal Tribunale Speciale.
Durante la pronuncia
della sentenza si alzò gridando: «Abbasso il
fascismo! Viva il
socialismo!» . Pertini,
non riconoscendo
l'autorità fascista e quindi il tribunale che
lo aveva condannato, si
dissociò pubblicamente dalla domanda di grazia
presentata dalla madre
con parole molto dure, sia per la madre che
per il presidente del
Tribunale Speciale:
« Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di
nascosto, ho pianto
lacrime di amarezza e di vergogna - quale
smarrimento ti ha sorpresa,
perché tu abbia potuto compiere un simile atto
di debolezza? E mi sento
umiliato al pensiero che tu, sia pure per un
solo istante, abbia potuto
supporre che io potessi abiurare la mia fede
politica pur di
riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre
compreso che tanto andavi
orgogliosa di me, hai potuto pensare questo?
Ma, dunque, ti sei
improvvisamente così allontanata da me, da non
intendere più l'amore,
che io sento per la mia idea?» (Lettera
di
Sandro Pertini alla madre, 1933)
* * *
"Io mi domando, onorevoli
colleghi, come i nostri
posteri, tra cento anni, giudicheranno questa
nostra Assemblea
Costituente. Se la sentiranno alta e solenne
come noi oggi sentiamo
alta e solenne. Credo che i nostri posteri
sentiranno più di noi, tra
un secolo, che da questa nostra Costituente è
nata veramente una nuova
storia e si immagineranno che in questa nostra
Assemblea, mentre si
discuteva della nostra Costituzione
repubblicana, seduti su questi
scranni non siamo stati noi, uomini effimeri i
cui nomi saranno
cancellati e dimenticati, ma sia stato tutto
un popolo di morti, di
quei morti che noi conosciamo ad uno ad uno,
caduti nelle nostre file,
nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e
nelle pianure, nelle steppe
russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei
deserti, da Matteotti a
Rosselli, da Amendola a Gramsci fino ai
giovinetti partigiani. Essi
sono morti senza retorica, senza grandi frasi,
con semplicità, come se
si trattasse di un lavoro quotidiano da
compiere, il grande lavoro che
occorreva per restituire all’Italia libertà e
dignità. Di questo lavoro
si sono riservata la parte più dura e più
difficile, quella di morire,
di testimoniare con la resistenza e la morte
la fede nella giustizia. A
noi è rimasto un compito cento volte più
agevole, quello di tradurre in
leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno
di una società più giusta
e più umana, di una solidarietà di tutti gli
uomini alleati a debellare
il dolore. Assai poco, in verità, chiedono i
nostri morti, non dobbiamo
tradirli. Ora e sempre Resistenza!"
(Trascrizione dell’intervento di
Piero Calamandrei alla
seduta dell’Assemblea Costituente del
7.3.1947)
* * *
"...La maturità delle
motivazioni ideali e politiche
che caratterizzarono la Resistenza in Italia
sarebbero venute più
tardi, ma a Cefalonia si manifestò un impulso
nobilissimo e destinato a
dare i suoi frutti. Si può ben cogliere un
forte legame ideale fra
quell'impulso e la successiva maturazione
dello spirito della
Resistenza. Molto si continua a scrivere e a
discutere sul clima che si
creò in seno alla Divisione Acqui in quei
terribili giorni. Ma non c'è
polemica storiografica o pubblicistica che
possa oscurare l'eroismo e
il martirio delle migliaia di militari
italiani che scelsero di
battersi, caddero in combattimento, furono
barbaramente trucidati.
Anche qui si creò la premessa essenziale per
la costruzione di una
nuova Italia democratica..." (Giorgio
Napolitano, Cefalonia 25 Aprile 2007)
* * *
"...E gli onori dorati vergognosamente dati a
chi non li
merita..."
(W.Shakespeare)
* * *
"...Dove
sono i
generali che si fregiarono nelle battaglie con
cimiteri di croci sul
petto..." (Fabrizio De Andrè)
*
* *
decorazione
tedesca: croce di ferro di I classe
Gen. Antonio
Gandin
EROE O RESPONSABILE
DELL'ECCIDIO?
Il Generale di
Divisione Antonio GANDIN, Comandante della
Divisione Acqui, Medaglia d'Oro al V. M.,
fucilato dalla
Wehrmacht a Cefalonia il 24.9.1943.
Antonio
Gandin,
nato a Sora (FR) nel 1891 da una famiglia
veronese, era uscito nel 1910
dalla Scuola di Modena come sottotenente di
fanteria in servizio
permanente. Aveva combattuto in Libia e nella
prima guerra mondiale,
con una medaglia d'argento; nel 1917, promosso
maggiore, era passato a
compiti di Stato maggiore. Dopo la guerra aveva
alternato il comando di
reparti di fanteria al servizio di Stato maggiore
e all'insegnamento
presso la Scuola di guerra. Colonnello nel 1935,
nel 1938 aveva assunto
la direzione della piccola segreteria di Badoglio.
Nel dicembre 1940
era diventato capo del reparto operazioni del
Comando supremo: un
incarico di alta fiducia che ne faceva il diretto
collaboratore del
Capo di Stato maggiore generale Cavallero; si era
occupato di
pianificazione operativa e aveva svolto una lunga
serie di delicate
missioni di collegamento e ispezione sia presso
gli alti comandi
tedeschi, sia sui diversi fronti di guerra.
Generale di divisione nel
1943, tra le altre decorazioni si fregiava della
croce di ferro tedesca
di I classe. Dal mese di giugno del 1943 aveva
assunto il Comando della
Divisione Acqui.
* * *
ETERNA
GLORIA
ALLA DIVISIONE ACQUI FEDELISSIMA
ALLA PATRIA TRUCIDATA
DALLA WEHRMACHT A CEFALONIA E
CORFU' NEL
SETTEMBRE
1943
Il Generale di
Brigata GHERZI, Comandante della Fanteria
Divisionale, Medaglia d'Oro al V.M., e il
Colonnello ROMAGNOLI,
Comandante dell'Artiglieria, Medaglia d'Oro al V.M.,
trucidati dalla
Wermacht a Cefalonia
IL Colonnello LUIGI
LUSIGNANI, Comandante del
Presidio di Corfu', Medaglia d'Oro al V.M.,
trucidato dalla
Wehrmacht a Corfu'.
Il
Colonnello ELIO BETTINI, Comandante del
49^
Rgt. Parma, Medaglia d'Oro al V.M., trucidato dalla
Wehrmacht a Corfu'.
I Ten. Col.
FIORETTI, Capo di S.M., MAVM, e MALTESE,
Comandante del III Btg./17^ Rgt., trucidati dalla
Wehrmacht a Cefalonia.
I Maggiori PICA,
Comandante del 7^ e 188^ Gruppo
Art. di C.d'A., Medaglia d'Oro al V.M., e ALTAVILLA,
Comandante del II
Btg./17^ Rgt., Medaglia d'Argento al V.M., trucidati
dalla Wehrmacht a
Cefalonia.
I Capitani
MASTRANGELO, Comandante del Presidio della Marina,
Medaglia d'Oro al V.M., e GASCO, Comandante
del Presidio dei
RR.CC., Medaglia d'Argento al V.M.,trucidati dalla
Whermacht a
Cefalonia
I Capitani
SAETTONE, Stato Maggiore della Divisione, e
POZZI, Commissario della Marina, trucidati dalla
Wermacht a Cefalonia
I Tenenti
AMBROSINI, Comandante della V Batteria del Rgt.
Artiglieria, Medaglia d'Oro al V.M., e PETRUCCELLI,
Comandante di
plotone della 2a comp. del VII Btg. CC, Medaglia
d'Oro al V.M.,
trucidati dalla Wehrmacht a Cefalonia
Il Tenente
SOLITO, Commissario della Marina, Medaglia
d'Argento al V.M., trucidato dalla Wehrmacht a
Cefalonia e
il Capitano CIAIOLO , comandante della V
Compagnia del 317^
Rgt./Ftr., Medaglia d'Argento al V.M., Caduto in
combattimento a
Cefalonia
27
gennaio 2023
Il giorno
della memoria
Il 27 gennaio del 1945
l'Armata Rossa libero' il campo di sterminio di
Auschwitz in Polonia.
In questa data simbolica viene celebrata la giornata
della memoria per
non dimenticare l'orrore dell'Olocausto.
La Risiera di San
Sabba,
divenuta tristemente famosa per essere l'unico
campo di sterminio sul
territorio italiano. Secondo
calcoli
effettuati sulla scorta delle testimonianze, il
numero delle
vittime cremate nella Risiera e' oscillante tra le
tre e le cinquemila
persone. Lo sterminio sistematico degli ebrei,
deciso e concretizzato
dal Terzo Reich, venne attuato con la
collaborazione parziale o totale
dei governi o dei movimenti politici di altri
Stati; venne interrotto
dalla vittoria militare dell'Alleanza degli Stati
antifascisti e dei
movimenti di Resistenza. Se invece i vincitori
fossero stati la
Germania nazista, l'Italia fascista, la Francia di
Vichy, la Croazia
degli ustascia ecc., non un solo ebreo sarebbe
rimasto in vita nei
territori controllati da questi regimi.
10
febbraio
2023: Giornata della memoria
Il
recupero di una salma da una foiba
Quante
furono le vittime delle foibe? Nessuno lo sapra'
mai! Di certo non lo
sanno neanche gli esecutori delle stragi. Questi
non hanno parlato e
non parlano. D'altra parte e' pensabile che in
quel clima di furore
omicida e di caos ben poco ci si curasse di tenere
contabilita' delle
esecuzioni. Sulla base di vari
elementi (escludendo Basovizza ) si
calcola che gli infoibati furono alcune migliaia.
Piu' precisamente,
secondo lo studioso triestino Raoul Pupo: "il
numero degli
infoibati puo' essere calcolato tra i 4 mila e i
5 mila, prendendo come
attendibili i libri del sindaco Gianni Bartoli e
i dati degli
anglo-americani".
***
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